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Lo strano caso delle mummie egizie nel Grand Canyon

Il Grand Canyon rappresenta uno straordinario portento della natura nordamericana:

ampio dai 6,5 ai 28,5 km, profondo fino a 1600 m, si estende lungo il Grand Canyon National Park per 349 km. E’ letteralmente un trionfo di colori grazie ai giochi di luce ed ombra e alle rocce di arenaria, calcare e scisto, uno spettacolo impressionante di strapiombi da togliere il fiato, di magnifici picchi e suggestivi panorami unici al mondo che lo rendono un’ incredibile meraviglia della natura, la flora della zona è caratterizzata da magnifiche Opuntie dai cui frutti i Nativi Americani hanno sempre ricavato ottime marmellate e sciroppi; ma forse conserva un segreto ancor più sorprendente della vista e dell’atmosfera che offre: sul “Phoenix Gazette” del lontano 5 aprile 1909 infatti comparve un articolo anonimo dai risvolti alquanto singolari, perché trattava della scoperta di un immenso sistema di grotte contenente quella che, se dimostrata, avrebbe potuto rivelarsi una delle scoperte archeologiche più sconvolgenti del secolo scorso, una necropoli egizia autentica!

Il mio pensiero è stato, leggendo le prime righe del capitolo 14° di “Archeologia Misterica” di Luc Bürgin, che qualcuno, trafugati i sarcofagi in Egitto in epoca decisamente recente molto prossima alla data della scoperta stessa della regione, li avesse trasportati via mare negli USA trovando il modo di occultarli nel Grand Canyon, ma in che modo e quando? A onor del vero l’ipotesi più accreditata è un’altra: vale a dire che si tratti di una colossale bufala, poiché nel momento in cui c’era penuria di notizie reali, nell’America a cavallo tra il XIX e il XX secolo, nelle redazioni non si facevano scrupoli a inventare notizie di sana pianta che andavano sotto il nome di Hoax (burla giornalistica).

Formatosi nell’arco di sei milioni di anni grazie all’erosione del fiume Colorado che ne decise la profondità, il Grand Canyon deve la sua larghezza e la sua costituzione anche al contributo di altri agenti quali il vento, il calcare, le piogge e il ghiaccio. Per quanto il paesaggio possa sembrare quasi inospitale e del tutto invivibile, l’uomo vi si insediò già 12000 anni fa.

Il Grand Canyon è diventato ambita meta turistica nell’ultimo secolo: oggi è visitato da quasi cinque milioni di persone ogni anno.

L’archeologia ufficiale ha riportato alla luce e catalogato reperti del 10000 a.C. attribuiti alla civiltà dei Clovis.

I Clovis

Quella dei Clovis fu una tribù di cacciatori che comparve nell’America Settentrionale tra il 10000 e il 9200 a.C. come attestano le prove al radiocarbonio. Presumibilmente provenienti dalle regioni siberiane, i Clovis si espansero nell’intero continente americano dove vissero per circa due millenni.

Nel 1932 Edgar Howard dell’Università della Pennsylvania trovò alcune punte di lancia molto antiche e un mammut sulle sponde del lago a Clovis nel Nuovo Messico, cinque anni prima sempre nel Nuovo Messico, ma questa volta a Folsom, era stata rinvenuta una serie di punte di lancia in pietra nella carcassa di un antenato di bisonte che si estinse prima della fine dell’ultima era glaciale. Nel 1949 a Clovis furono ritrovati altri reperti simili a quelli di Folsom. Si concluse che i cacciatori di Clovis fossero precedenti a quelli di Folsom.

La “Ghost Dance”

Sia gli Havasu-pai sia gli Huala-pai

parteciparono alla danza dei fantasmi:

in preda a una profonda crisi religiosa,

sul finire dell’Ottocento i Nativi Americani

in trance invocavano la cacciata dell’uomo

bianco dalla loro terra.

I Pueblo Ancestrali (o Anasazi)

Intorno al 1000 a.C. in queste zone si era diffusa l’agricoltura: granoturco, zucca e fagioli modificarono gradatamente il regime alimentare dei cacciatori nomadi e semi-nomadi del Grand Canyon e così cominciarono a sorgere i primi villaggi che gli Spagnoli battezzeranno pueblos.

Già nel 700 d.C. il Grand Canyon era abitato dal misterioso popolo degli Anasazi (termine che in Navajo significava originariamente “antichi” poi tradotto con “nemici”) nome cui in larga misura, oggi, si preferisce il nome di Pueblo Ancestrali.

I Pueblo Ancestrali costruirono nel 1000 d.C. ca. a Mesa Verde (Colorado) e a Chaco Canyon (Nuovo Messico) meravigliose città e oltre 300 chilometri di strade assolutamente perfette che per costruirle uguali oggi ci si dovrebbe avvalere di una tecnologia di tipo satellitare. A Mesa Verde, la cittadella scavata nella roccia presenta duecento casette di una sola stanza e quasi quaranta kiwas (stanze circolari, leggermente interrate, per i rituali segreti, in origine ricoperte da un tetto, con un buco nel pavimento: il sipapu da cui, secondo queste genti, fuoriusciva l’energia della terra. Altri Pueblo danno al sipapu un diverso significato).

I Pueblo Ancestrali del Grand Canyon erano divisi in:

- Kayenta (che vivevano ad est e nelle aree centrali del canyon);

- Cohonina (secondo le testimonianze archeologiche di cui disponiamo, questi uomini che invece abitavano ad ovest ed erano forti consumatori di agave selvatica fritta ad uso alimentare, sarebbero stati i primi ad occupare l’Havasu Canyon tra il 700 e il 1100 d.C. sostituiti circa duecento anni dopo dai Cerbat o Pai);

- Paiute (stanziati all’estremità occidentale del Nord Rim);

- Pai o Cerbat (che presero il posto degli Cohonina nell’ovest). Dai Pai o Cerbat discesero a loro volta:

  • gli Yava-pai

  • gli Havasu-pai

  • gli Huala-pai

Dal 1250 d.C. il Grand Canyon cominciò a contare un numero sempre più esiguo di abitanti. Oggi gli Havasu-pai e gli Huala-pai diretti discendenti dei bellicosi Cerbat (o Pai) abitano l’Havasu Canyon, un luogo assolutamente magico incastonato come un prezioso gioiello nel Grand Canyon. Chi ha la fortuna di avventurarsi in queste regioni può visitare gli stanziamenti dei Pueblo Ancestrali sia nel canyon nei pressi di Phantom Ranch, sia sugli altipiani nel Tusayan Museum (Sud Rim) e le Walhalla Glades (Nord Rim) ripercorrendo gli antichissimi sentieri tracciati dai Pueblo Ancestrali. Pare che intorno al 1150 d.C. una grave siccità, prima, e le conseguenti lotte tra gruppi rivali per l’accaparramento delle magre risorse rimaste, dopo, determinarono un lento ma inesorabile abbandono della zona. Le prime testimonianze su questo Popolo risalgono al 1888 quando due cow-boys si ritrovarono nel Chako Canyon e scoprirono Pueblo Bonito. Dalla disamina dei resti di antichi focolari è stata formulata l’inquietante ipotesi che i Pueblo Ancestrali praticassero il cannibalismo. Questo Popolo che non conosceva né la scrittura né la bussola sappiamo si trasferì altrove coprendo oltre 600 chilometri ma poi di esso si persero le tracce.

Havasu-pai

Il nome Havasu-pai vuol dire “popolo dell’acqua verde-blu”: percorrendo il sentiero che porta alla loro Riserva si possono ammirare le straordinarie acque color turchese delle cascate occultate nel profondo del Canyon. Semi-nomadi ebbero rapporti con gli Indiani Hopi e con gli Indiani Zuni che insegnarono loro ad allevare il bestiame e a coltivare la terra. Il primo europeo che li incontrò nel 1776 – nel corso di quella spedizione che vide la fondazione della città di San Francisco – fu il missionario padre Francisco Tomas Garces che i Nativi celebrarono addirittura con cinque giorni consecutivi di feste e danze.

Gli Havasu-pai non parteciparono alla Guerra degli Huala-pai (1865-1869) e seppero scendere a compromessi con il Governo, accettando di vivere in una minuscola area che sfruttarono fino a esaurirla, ma non smisero di chiedere a gran voce di potersi allargare. Nel 1968, le loro richieste furono esaudite: arrivò un risarcimento di 1,24 milioni di dollari per le terre loro sottratte e sette anni dopo ottennero di poter aggiungere 81.000 ettari alla loro riserva più l’uso di 38.500 ettari dentro il parco a patto che restasse incontaminato: la più grande concessione di terreno degli Stati Uniti ai Nativi.

Huala-pai

Il loro nome significa “popolo degli alti pini”, perché provenivano dalle foreste, erano i semi-nomadi che i bianchi “scoprirono” nella seconda metà del Diciannovesimo secolo e contro i quali ingaggiarono la Guerra degli Huala-pai durata ben quattro anni. Gli Indiani ne uscirono decimati dalle armi e dalle malattie dei colonizzatori e furono confinati vicino all’attuale città di Parker in Arizona, ma fuggirono. In seguito furono catturati e internati in Riserva. Oggi abitano a Peach Spring.

Nulla che riconduca alla lontana Africa, nulla che porti all’Egitto ed ai suoi abitanti.

Gli Antichi Egizi

Secondo lo storico Erodoto gli Egizi

sotto il Faraone Neko (610-595 a.C.)

circumnavigarono l’Africa.

Alla fine del Paleolitico in Europa i ghiacci si ritirarono con conseguenti ripercussioni nel Nordafrica: il clima, divenuto più secco, determinò la trasformazione di un grosso lago interno in quel fiume Nilo che conosciamo noi oggi, lungo il cui corso si concentrò la vita nomade dell’epoca. Successive contaminazioni con i popoli della Palestina portarono l’agricoltura (frumento e orzo) e mano a mano si arrivò ad uno stile di vita stanziale: si addomesticarono gli animali e si sfruttarono le piene del fiume per garantire le coltivazioni. Già in epoca remota si può parlare di genti riunite in un unico Paese.

Gli studiosi ortodossi riassumono e schematizzano così la lunga Storia dell’(antico) Egitto:

  • Periodo Predinastico (4000-3000 ca. a.C.)

Suddiviso

- in periodo preistorico antico (Neolitico): i defunti venivano sepolti rannicchiati su un fianco e circondati da suppellettili, si credeva nell’aldilà e curiosamente nelle tombe maschili sono state rinvenute statuine di donna atte a soddisfare le esigenze del maschio nella vita ultraterrena;

-periodo preistorico recente: i contatti con le popolazioni asiatiche introdussero attrezzatura in rame e nuove conoscenze, in realtà benché l’Egitto non disponesse delle condizioni ideali affinché si potesse sviluppare la navigazione marittima, che necessitava di legname per costruire grosse navi e coste adatte per affrontare il Mediterraneo, non rimase isolato, anzi disponiamo di figure di navi egizie piuttosto grandi dipinte sui vasi già dal 3100 a.C.

Gradualmente ci fu il passaggio dal Periodo Predinastico a quello Protodinastico preceduto dalla

  • Dinastia Zero (3000 a.C. circa)

  • Periodo Protodinastico (I-II Dinastia, 2920-2600 ca. a.C.)

Questo periodo comprese le prime due Dinastie e ci ha lasciato una documentazione scritta oltremodo esigua. Abili nella matematica e nella geometria, gli Egizi cominciarono ad avere interesse per gli studi di carattere astronomico: a questo periodo si deve l’invenzione di un preciso calendario.

  • Antico Regno – Le Piramidi (III-VI Dinastia, 2600-2180 ca. a.C.)

Vennero introdotte le nuove tecniche architettoniche che possiamo ammirare nella

e che raggiunsero il loro apice nella realizzazione delle immortali piramidi di Cheope, Chefren e Micerino nella Piana di Giza (IV Dinastia). La costruzione dei monumenti di Giza richiese l’impiego di materiale e risorse umane ingenti non usate in seguito: la figura del Faraone perdeva via via prestigio e di pari passo la tomba reale, comunque riccamente decorata, diminuiva la propria mole (V Dinastia). Ai tempi di Teti, Pepi I, Merenre e Pepi II si assistette allo sviluppo di una sorta di feudalesimo che divenne presto anarchia (VI Dinastia).

Gli Egizi la cui straordinaria civiltà nacque e si sviluppò intorno e grazie al Nilo, si specializzarono nella navigazione fluviale e furono senz’altro discreti navigatori. Usavano diversi tipi di imbarcazione: da semplici zattere in fibra di papiro fino alle più solide barche di legno in cedro del Libano che attraversavano il Nilo, chiatte di grandi dimensioni erano destinate infine ai trasporti eccezionali come gli obelischi e gli enormi massi di pietra usati nell’edificazione delle piramidi.

Alla fine dell’Antico Regno, furono azzardate imprese per mare, anche se probabilmente la convinzione che morire in mare precludeva la possibilità di una vita ultraterrena frenava questo tipo di viaggio: si partiva con robuste navi da carico alla ricerca di resine e incensi alla volta Somalia, ma meglio documentata è la penetrazione egizia in Palestina, tuttavia la massima testimonianza egizia all’estero resta quella in Libano. I documenti ufficiali non trattano di viaggi al di là dell’oceano, ma si limitano ad attestare l’assidua frequentazione di Biblos e di Creta e la spedizione nella lontana Punt.

Le cosiddette barche solari ritrovate, invece, di lato alle tombe reali in buche più o meno profonde avevano lo scopo di assicurare al defunto un mezzo di trasporto nelle oscure acque dell’aldilà. Erano in legno di cedro: la più celebre, completamente ricostruita nel sito del rinvenimento è quella di Cheope

  • Primo Periodo Intermedio (VII-X Dinastia, 2180-2080 ca. a.C.)

Il Paese fu sull’orlo del collasso. La povertà in cui precipitò l’Egitto si ritrova anche nelle opere funerarie e nei materiali adoperati per costruire e adornare le tombe.

  • Medio Regno (XI-XIII Dinastia, 2080-1640 ca. a.C)

E’ in questi anni che si registrò l’unione delle Due Terre. Comparsa del sarcofago antropomorfo.

  • Secondo Periodo Intermedio (XIV-XVII Dinastia, 1640- 1570 ca. a.C.)

In questo periodo si dovette fare i conti con una seconda caduta.

  • Nuovo Regno (XVIII-XX Dinastia, 1570-1075 ca. a.C.)

Ed eccoci finalmente all’Egitto diHatscepsut, faraone donna, Akhenaton, il araone del Sole, il famosissimo Tutankamon (XVI Dinastia) e naturalmente Ramesse II (XVIII Dinastia).

Il primo grande sovrano della XX dinastia nonché ultimo grande faraone d’Egitto fu Ramesse III.

Di tutte le epoche della gloriosa storia egiziana che vide anche momenti bui, il Periodo del Nuovo Regno è senza ombra di dubbio, il più prestigioso, eppure nemmeno allora si registrarono viaggi oltreoceano.

Terzo Periodo Intermedio(XXI-XXV Dinastia, 1075-664 a.C.)

Se prima gli Egizi non salparono alla volta del Nuovo Continente, di certo in questi anni di profondo declino, non poterono farlo.

  • Epoca Tarda (XXVI- XXXI Dinastia 664-332 a.C.)

L’autonomia egizia finì nel 525 a.C.per mano dei Persiani, nel 332 a.C. l’Egitto fu conquistato da Alessandro Magno.

  • Età Ellenistica (i Macedoni 332- 305 a.C. e i Tolemaici 305-30 a.C.)

  • Epoca Romana (30 a.C.- 313 d.C.)

Ma allora che cosa lega il Grand Canyon alle mummie egizie?

Le mummie più famose del mondo sono sicuramente quelle egizie e la notizia del rinvenimento di mummie egizie nel Grand Canyon è molto curiosa. Viene da chiedersi quale ponte possa collegare il Vecchio e il Nuovo Mondo. Di certo si possono riscontrare alcuni parallelismi tra i culti nordafricani e quelli del continente americano ma possono anche molto semplicemente rappresentare la risposta universale dell’uomo alle domande sulla vita e sulla morte che ogni popolo in ogni luogo e in ogni tempo si è posto indipendentemente l’uno dagli altri. G.E. Kinkaid, primo bianco nato dell’Idaho, cacciatore e ricercatore, già impiegato all’illustre Smithsonian Institute di Washington, secondo uomo a sfidare con una piccola barca le acque del fiume Colorado, partito da Green River (Wyoming) in ottobre per raggiungere Yuma, dichiarò di avere trovato, in maniera del tutto casuale, mentre cercava minerali, un sistema di gallerie sotterranee, poste sopra il fiume Colorado, contenenti vari reperti antichi tra cui statue e mummie. Successivamente l’archeologo dello Smithsonian Institute di Washington S.A. Jordan sarebbe stato incaricato di effettuare ricerche sul posto. Recentemente ha provato ad occuparsi del caso David Hatcher Childress del “World Explorer Club” di Kempton (Illinois) il quale ha contattato lo Smithsonian Institute che lo ha liquidato velocemente sostenendo che:

1) nel continente americano non sono mai stati rinvenuti reperti in qualche modo legati alla civiltà egizia;

2) non sono mai stati fatti scavi nella zona;

3) nessuno allo Smithsonian Instituite ha mai sentito parlare né di Kinkaid né di Jordan.

Una verità scomoda o una truffa? Si dice che sul versante settentrionale del Grand Canyon ci siano incisioni con nomi egizi, il che però viene al tempo stesso ampiamente smentito, ad ogni modo quella zona è interdetta al pubblico per questioni di sicurezza perciò, anche volendo, non è possibile verificare la veridicità di queste voci.

Quel che è certo è che nello “Smithsonian Scientific Serie” (1910) Jordan compare, anzi pare che proprio lo Smithsonian Institute abbia sovvenzionato una spedizione archeologica che dimostrò come ad abitare queste rocce fu una civiltà che presumibilmente proveniva dall’Egitto. Un’appassionante scoperta, se fosse vera: sarebbe stato esaminato, stando all’articolo, il primo chilometro dell’ingresso principale posto alla profondità di 450 metri; alla conclusione di questo ambiente una sala ampia e un dipanarsi a raggiera di numerose gallerie contenenti mummie maschili, armi, utensili in rame, vasellame e oggetti in oro finemente lavorati, oltre a un oscuro metallo grigio simile al platino, piccole teste scolpite distribuite sul pavimento e statue che ricordano l’arte tibetana con strane scritte simili a geroglifici che nessuno è stato in grado di decifrare, specifichiamo che geroglifici misteriosi analoghi si trovano nella parte meridionale dell’Arizona.

Oggi purtroppo non è possibile reperire informazioni sull’argomento nella letteratura specialistica, il tutto potrebbe essere frutto di un sapiente insabbiamento, perché è inopportuno ammettere che gli antichi egizi si sarebbero avventurati nell’oceano, o della necessaria mossa per mettere definitivamente a tacere voci infondate che alimenterebbero una vecchia e fraudolenta presa in giro.

Resta il fatto che a parte l’articolo non firmato già citato non esiste altra documentazione in proposito, tra l’altro Kinkaid non avrebbe mai parlato di mummie egizie, ma solo di mummie: Kinkaid ha citato una statua somigliante a quelle del Buddha e di un culto forse riconducibile al Tibet, è l’anonimo autore dell’articolo ad azzardare il collegamento tra l’affascinante scoperta e gli Egizi.

E’ inverosimile che gli antichi Egizi possano avere navigato l’Atlantico per raggiungere il continente americano, anche se qualcuno può obiettare che il popolo delle grandi piramidi potrebbe ulteriormente sorprenderci: innanzitutto nessun papiro, nessun testo di pietra in geroglifico, nessuna fonte successiva racconta di viaggi veri o leggendari di Egizi al di là dell’oceano Atlantico, inoltre gli Egizi non disponevano dei mezzi necessari per effettuare una traversata di tale portata e allo stesso modo sembra altamente improbabile che mummie egizie possano essere state trasferite clandestinamente dall’Egitto agli Stati Uniti in epoca relativamente moderna.

Ammesso che nelle grotte scoperte da Kinkaid ci fosse veramente qualcosa: più che tibetani o egiziani è molto probabile che i resti ritrovati siano da attribuire ai Pueblo Ancestrali, il sito è infatti vicino a un centro Navajo (i Navajo sono loro discendenti). Molti sono convinti che i graffiti rinvenuti nelle caverne del Grand Canyon siano riconducibili ai Pueblo Ancestralil qualcuno invece pensa a un’origine asiatica.

Il periodo più florido della zona va dal 1100 al 1300.

Alla fine del Trecento i Pueblo Ancestrali abbandonarono l’area, probabilmente a causa della siccità come già detto sopra.

Per i quattrocento anni successivi non vi furono stanziamenti permanenti in questi territori, anche se gli Indiani Hopi li usavano per semina e raccolta di cereali e occasionalmente per la caccia.

Nel 1700 circa il canyon venne occupato stabilmente dai Navajo.

Nel 1882 una spedizione dello Smithsonian Institute guidata da James Stevenson effettuò ricerche nella regione: in un canyon laterale del Canyon de Chelly vennero ritrovati i resti mummificati di sepolture preistoriche indiane. Da allora il canyon venne chiamato il Canyon del Muerto (il canyon è tuttora abitato dalla comunità Navajo).

Fonti bibliografiche:

-Agnese Giorgio e Re Maurizio, Antico Egitto, arte e archeologia della terra dei faraoni, La Stampa-White Star 2006

-Aldred Cyril, Gli Egiziani, tre millenni di civiltà, origine, splendore e declino di un antico popolo sulle sponde del Nilo, Paperbacks civiltà scomparse Newton & Compton Editori, Roma 1988 (Titolo originale: The Egyptians, 1961)

-Atlante della storia, Egitto, un’antica grande civiltà (a cura di Antonella Grignola) Demetra, Verona 1997

-Bürgin Luc, Archeologia eretica, Fabbri Editori, Milano 2005 (Titolo originale: Ratsel Der Archalogie, 2003)

-Bürgin Luc, Archeologia misterica, Fabbri Editori, Milano (Titolo originale: Geheimakte Archalogie, 1998)

-“Colpi di Luna”, di Alfredo Castelli in I Grandi Enigmi di Martyn Mystère, “Cospirazione Luna” n° 295, Sergio Bonelli Editore, 2008

-James Peter e Thorpe Nick, Il Libro degli Antichi Misteri, Uno straordinario viaggio negli enigmi della storia dell’umanità, Armenia, Milano 2005 (Titolo originale Ancient Mysteries, 1999)

-Le Guide Mondadori-,USA, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2010

-L’Enciclopedia dei Misteri di Martin Mystère (a cura di Alfredo Castelli) Oscar Mondadori, Milano 1993

-Reid Howard, Il Mistero delle Mummie – Alla ricerca degli immortali. Dalle mummie egizie a quelle congelate dei nomadi siberiani, dai cadaveri nelle paludi dell’Europa nord-occidentale alla valle dei morti in Perù, , Newton & Compton Editori-Il Secolo XIX, Roma 2005 (Titolo originale: In Search of the Immortals, 1999)

-Voyager magazine, Luglio 2013, Anno II, numero 7 (10)

-Ward Greg, The Rough Guide- Grand Canyon, Avallardi Viaggi, Antonio Vallardi Editore, Bologna 2004 (Titolo originale: The Rough Guide to The Grand Canyon, 2003)

-Zapp I. ed Erikson G., Le Strade di Atlantide, dal Mesoamerica alla grande piramide, fino a Stonehenge e all’isola di Pasqua, decine di antichissime sfere segnano la rotta di una misteriosa civiltà di navigatori, Piemme, 2002 (Titolo originale: Atlantis in America, 1998)


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