La morte di Yuri Gagarin tra mito, complotto e superstizione
Di Stefano Schiavi
“Gli eroi son tutti giovani e belli”, cantava il cantautore italiano Francesco Guccini ed in fondo è così. Ma non si capisce il perché questi eroi e giovani hanno quasi sempre un triste destino che culmina con la loro prematura morte. Se poi a morire così presto all’età di 34 anni è il primo cosmonauta della storia dell’umanità, beh, qualche dubbio c’è sempre.
Dubbi che, inevitabilmente, fanno il paio con il complottiamo tipico degli anni della Guerra Fredda ma che alla fine si rivelano sempre avvincenti, affascinanti, complottasti ma anche veritieri. Così anche la morte del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin entra nel mito e nella “storia nascosta”. Forse anche a causa delle differenti versioni e delle indagini effettuate. L’ultima versione, quella non ufficiale (che è del 2011 in cui si parla di una manovra per schivare un oggetto identificato come una sonda atmosferica), è del 2012 ed è la conclusione di una inchiesta avviata sembra parlar chiaro: una manovra errata ma non di Gagarin ma di un pilota di un Sukoi in volo sperimentale che non doveva essere in quel posto.
Per anni, invece, le teorie sono state altre e numerose dallo scontato complotto di Washington che cercava così di fermare lo stapotere aeronautico e spaziale dell’allora Unione Sovietica, al “vizio” tutto bolscevico dell’alzare troppo il gomito e dell’incidente dovuto ad una vodka di troppo, all'improvviso attacco di panico, o al più fantasioso e improbabile agguato di un Ufo. Ma anche l’invidia del leader sovietico Leonid Brezhnev che, invidioso del successo di Gagarin avrebbe fatto sabotare l’aereo. C’è anche chi sostiene che Gagarin fosse in procinto di passare all’ Occidente dopo essere stato reclutato da una avvenente spia. C'e' soprattutto chi ritiene che fosse a conoscenza di segreti che i suoi comandanti non volevano vedere divulgati, dal presunto incidente alla capsula Vostok con la quale il giovane compì l'impresa del primo volo spaziale, e che lo avrebbe costretto a paracadutarsi, a qualcosa che potrebbe avere visto durante la manciata d'ore fuori dalla Terra.
Sta di fatto che Yuri Gagarin, eroe sovietico ma di fatto dell’umanità intera, il 27 marzo 1968 compie il suo ultimo volo a bordo di un caccia Mig-15 UTI sui cieli di Mosca insieme al copilota Vladimir Sergheiev. Una missione di routine che si trasforma in tragedia quando d'un tratto, si trova di fronte un altro aereo che non dovrebbe stare lì, a 1000 metri d’altezza. La brusca virata, lo stallo e l’avvitamento, lo schianto al suolo nella località di Kirzac. Un errore di volo quindi, di un altro pilota però, e nessun complotto o vodka o attacco di panico. Un semplice errore che non andava comunque raccontato al mondo. Meglio la solita disinfomatzja che in quegli anni imperava ovunque: mai far sapere al nemico quello che accade realmente, anche se si tratta di un semplice errore. La Russia dei Soviet, della rivoluzione bolscevica, non può ammettere errori. Meglio insabbiare e, ancor meglio, gettare i semi del dubbio. Un eroe della Rivoluzione d’ottobre, un eroe celebrato dal mondo intero, Time compreso, non poteva morire per un errore commesso dal pilota di un Sukoi 15 lanciando così dubbi di rivalità tra “top gun” sovietici. Il mondo avrebbe dovuto ricordare Gagarin nella sua navicella Vostok e quella sua frase che commosse tutti, americani compresi: “Da qui la Terra è blu. Che meraviglia. È incredibile”
La versione dell’attacco di panico
Secondo l’ex colonnello dell’aviazione Igor Kuznetsov, invece, che dopo aver preso parte alle prime indagini lavorò per nove anni per risolvere il mistero della morte di Gagarin quel 27 marzo l’eroe dello Spazio e il suo copilota stavano conducendo un volo di routine ad oltre 3000 metri di altezza. Gagarin si accorse improvvisamente che una presa d’aria nel suo abitacolo è stata lasciata aperta. Gagarin si fa prendere dal panico o forse per salvarsi la vita, scendere in picchiata ad un’altezza più sicura. Ma in maniera molto veloce, talmente veloce da perdere i sensi e schiantarsi al suolo. Insomma, tutta colpa del panico e della fretta di scendere ad una quota “depressurizzata”. Il destino che lo attendeva o mera superstizione?
Forse le Parche stavano recidendo il suo filo, forse se fosse stato superstizioso sarebbe ancora vivo. Forse era arrivato il suo momento, ma tant’è che anche nella vulgata popolare quel giorno era veramente cominciato male per Gagarin uscendo di casa, aveva dimenticato la sua tessera di ingresso all'aeroporto militare e, da buon cittadino sovietico e ligio al dovere, aveva deciso di tornare a casa a prenderla. Non è tutto perché la macchina che doveva portarlo all'aeroporto si era fermata per un guasto, costringendolo a prendere un autobus. La “sfiga” o la sfortuna che dir si voglia sembra perseguitare Gagarin tant’è che per quanto riguarda l’aereo, qualcuno aveva
dimenticato di cambiare i nastri alla scatola nera, che non fu quindi di nessun aiuto agli inquirenti. Anche il radar della base era fuori servizio, e i due decollarono senza neanche avere le previsioni meteorologiche, dato che l'aereo che le aveva appena fatte era atterrato quasi in contemporanea con la loro partenza.
Ma l’eroe dello spazio evidentemente non è superstizioso e non pensa minimamente che la vulgata popolare russa vuole che chi dimentica qualcosa, farebbe bene a lasciar perdere, pena una giornata nera. A ben vedere anche un non superstizioso, dopo tutti quei fatti, sarebbe rimasto a terra…. Resta comunque un fatto, il mistero resta irrisolto e il mito di Gagarin rimane immutato nella storia
fonte : http://www.iviagginellastoria.it