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Catanzaro: il mistero del “ponte maledetto” di Siano


Esiste una linea sottile che divide la vita dalla morte, e quando questa viene varcata, noi tutti siamo ignari di quello che accade. Come nella vita esistono sentimenti ed emozioni, probabilmente anche nell’aldilà ci trasciniamo dietro qualche strascico che ci porta a rimanere “bloccati” in una sorta di anticamera della morte, dove veniamo turbati dalla necessità di dover, in qualche modo, lasciare qualche traccia o messaggio, che sveli la causa della nostra immatura scomparsa.

Esistono diverse testimonianze che portano con se un alone mistico.

Noi di Misteri della Storia, procacciatori di fatti inspiegabili, abbiamo scavato in vecchi archivi alla ricerca di eventi che hanno dell’incredibile.

Nel mese di Febbraio del 1936, nella città di Catanzaro, il corpo senza vita di un giovane di 19 anni viene rivenuto sotto al viadotto della vallata di Siano. Il suo nome è Giuseppe Veraldi. Vengono subito fatti gli accertamenti del caso dagli inquirenti per cercare di dare una spiegazione all’accaduto, ed il tragico incidente, viene infine riconosciuto come suicidio. Da quel momento in poi, di quella vicenda non se ne parlò più, fino a tre anni più tardi, esattamente il 5 Gennaio 1939. Quel giorno, una giovane ragazza di 17 anni, Maria Talarico, in compagnia di amiche, passarono sopra il viadotto di Siano, in quel esatto momento la ragazza avvertì delle strane sensazioni e cadde in uno stato di trans. Subito la giovane Maria venne accompagnata a casa, ma una volta giunta

nell’abitazione, la sua voce era molto diversa, più scura, come quella di un uomo. Ad un tratto iniziò ad avere un atteggiamento un po turbolento, e insistentemente affermava che quella non era casa sua. Sua madre le si avvicinò chiedendo cosa avesse, ma la ragazza rispose che lei non era sua madre, e che sarebbero dovuti andare a cercarla nel Rione Baracche, la sua vera madre. Sostenne che solamente con lei avrebbe parlato e raccontato cosa stesse accadendo. Alcune persone andarono a cercare la donna, tale Caterina Veraldi, ma non fu trovata nell’immediato, e quando venne riferito a Maria che la donna non era stata rintracciata, ella le scrisse un biglietto (che si trova allegato agli atti dei carabinieri) con la stessa calligrafia del malcapitato Giuseppe. Scelse alcuni uomini a caso e li condusse nella bettola dove era stato visto Giuseppe prima del ritrovamento del suo cadavere. Maria iniziò a bere vino, fumava e giocava a briscola; abitudini che non le appartenevano assolutamente. Sembrerebbe che ad un tratto la ragazza chiese ai ragazzi di versare nel suo vino sale e papavero, come il vino che gli avevano fatto bere la stessa notte che era morto. Dopo di ché iniziò ad agitarsi gridando contro tutti, accusandoli di volerlo portare sotto il viadotto. Stravolta dall’accaduto, Maria venne accompagnata a casa, dove passò la notte senza riuscire a dormire e lamentando il bisogno di parlare con Caterina Veraldi. La mattina seguente annunciò a tutti i presenti che la donna aveva appena lasciato casa per recarsi da lei, e fu così dopo poco tempo arrivò a casa di Maria. Una volta giunta all’abitazione, chiese cosa stesse accadendo, e la giovane ragazza si rivolse a lei chiamandola “mamma”. La sua voce era quella di un uomo, e disse di essere Giuseppe Veraldi. Iniziò così sotto agli occhi di tutti una storia che ha dell’incredibile. L’uomo continuò a parlare con Caterina: le disse che non si era ucciso, perché lui le voleva bene, e non le avrebbe mai procurato di volontà sua un dolore così grande, ma ad averlo ucciso per questioni sentimentali erano stati i suoi amici che lo avevano avvelenato col vino e poi bastonato a morte, e che per suo odio, questi avrebbero dovuto pagare, e che tutti sarebbero dovuti a venire a conoscenza del male che gli avevano fatto.

Maria Talarico venne guidata da questa entità che aveva preso il possesso del suo corpo sotto il viadotto di Siano, dove era stato rinvenuto cadavere il giovane Giuseppe Veraldi, e venne invitata a spogliarsi. Lei posò i suoi abiti negli stessi esatti punti dove erano stati ritrovati gli indumenti del povero giovane. Il fatto più interessante era che si trovavano esattamente alla stessa distanza, e anche una scarpa venne posta dalla Talarico a 20 metri da dove venne ritrovato il corpo; stessa cosa era stata rinvenuta dagli inquirenti all’epoca del tragico evento.

Dopo 36 ore durante le quali la donna era stata posseduta dall’anima di Giuseppe Veraldi, riprese conoscenza e tornò in sé senza avere nessun ricordo degli avvenimenti accaduti.

Esiste anche la testimonianza del dottor Domenico Teti, che all’epoca era medico nell’ospedale militare, il quale racconta che si recò nel posto dell’accaduto con il professore Scambia (Cardiologo) per pura curiosità, e il fatto veramente affascinante era che la donna riportava le stesse fratture del povero Veraldi.

I fatti che vennero raccontati da Maria Talarico furono tali che portarono gli inquirenti ad aprire nuove indagini e nuovi accertamenti. Venne alla luce che quando era stata fatta l’autopsia non furono ritrovati lesioni causate dalla caduta dal ponte, ma da colpo contundente con lesioni sulla nuca e sulla mandibola. Infine, grazie a Maria Talarico e alle sue precisazioni, la polizia definì l’accaduto non più un suicidio ma omicidio. Questo però non fu abbastanza sufficiente per rinviare i sospettati al giudizio della corte d’assisi di Catanzaro.

Dopo poco tempo da questi ultimi avvenimenti, del tragico accaduto non se ne parlò più, ma si continuava a parlare del ponte di Siano come maledetto, perché definito luogo di sventura, sopratutto per chi aveva avuto delusioni d’amore.

fonte: www.misteridellastoria.com


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