la stele di Anchise: il mistero del sepolcro perduto
di Manuel Martinez
Innumerevoli sono le tradizioni trasmesse e altrettante le ipotesi formulate nel corso dei secoli sulle circostanze della morte di Anchise e sulla localizzazione del suo presunto sepolcro: autori classici ne hanno descritto i luoghi, eruditi locali hanno creduto di avere individuato i territori da questi ultimi narrati. Per ciò che attiene l’identificazione del sepolcro, vi è assoluta discordanza tra le fonti classiche: diverse sono, infatti, le memorie tramandate. La più accreditata vuole che il principe troiano sia morto a Drepano e che qui abbia trovato sepoltura, sulle pendici del monte Erice. Notoriamente, alcuni passi dell'Eneide virgiliana rappresentano la fonte più autorevole a riguardo: «Qui, trascorse tante vicende del mare, ahimè perdo, conforto di tutte le ansie e sventure, il genitore Anchise...» (Eneide, III, 708-710). Il III libro del poema si chiude con la descrizione del periplo della Sicilia (op. cit., III, 554-715), da oriente verso occidente; nello specifico si trovano accenni al promontorio Pachino, alle città di Camarina, di Gela, di Agrigento, di Selinunte, di Lilibeo e di Drepano, fino alla inlaetabilis ora: «Hinc Drepani me portus et inlaetabilis ora accipit» (op. cit., III, 707-708). Su questi lidi Enea ritornerà dopo la partenza da Cartagine, riceverà ospitalità da Aceste – il re che un anno prima diede solenne sepoltura al padre - e consacrerà dei Ludi in onore del genitore in occasione dell’anniversario della sua morte. La tradizione virgiliana, inoltre, attribuisce ad Enea anche la fondazione di un tempio dedicato a Venere: «Allora vicino agli astri sulla vetta ericina fondano un tempio a Venere Idalia, e istituiscono un sacerdote e un ampio bosco consacrato al tumulo di Anchise» (op. cit., V, 759-761).
L’opera virgiliana non è chiaramente l’unica testimonianza letteraria a tramandarci della morte di Anchise e del suo luogo di sepoltura. Servio Mario Onorato, nel suo commento all’Eneide (IV, 427), riporta il racconto di Varrone, secondo il quale le ossa di Anchise furono dissepolte da Diomede e poi da questo rese al figlio in Italia. Non è da escludere che Varrone collocasse il luogo della morte ad Onchesmos, fuori dell’Italia. Lo scoliasta, oltre a citare la nota versione virgiliana (op. cit., I, 570), ricorda anche quella catoniana, che narra dell’arrivo di Anchise in Italia, nel Lazio (o p. cit., I, 267, 570; III, 711). Tale leggenda, forse già presente in Gneo Nevio (La guerra punica, fr. libro III, 25), era condivisa da Strabone (Geografia, V, 3, 2) e dall’autore dell’OGR (OGR, 10,5; 11,1; 13,3), oltre che ben nota allo stesso Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane, I, 64,4-5), il quale ne fa cenno in riferimento all'incertezza della tradizione sull’attribuzione dell’heroon di Lavinio a Enea o ad Anchise. Pausania (Guida della Grecia, VII, XII, 12-13) lo fa morire ai piedi di una montagna d’Arcadia - che dal suo nome fu chiamata Anchisia - e aggiunge che vicino al suo sepolcro si vedevano le rovine di un tempio di Venere. Secondo il lessicografo Stefano di Bisanzio (Etnica, s.v. Aineia), Anchise fu sepolto ad Aineia, città della Tracia fondata da Enea. Il grammatico bizantino Giovanni Tzetzes (Alessandra di Licofrone, 1260) è dell’opinione, invece, che questa città si trovasse in Macedonia, ad Aineias sull’Athos. Nella Guerra gotica di Procopio di Cesarea (4, 22=B 577) si desume che la denominazione di “porto d’Anchise” (l’attuale Santi Quaranta, o Saranda, in Albania, antica Onchesmos) derivi dall’allontanamento del troiano da tale località. Infine, Eustazio, arcivescovo di Tessalonica (Commentari all'Iliade e all'Odissea, 12, 101), scrive che la tomba di Anchise si trovava sull’Ida, nei pressi dell’antica Troia.
Dopo un silenzio durato secoli, l’interesse per Enea e il suo lignaggio trovò un rinnovato interesse in età umanistico-rinascimentale, quando il glorioso passato greco-romano cominciò ad acquistare una certa rilevanza: si andava ad inaugurare così un filone di studi antiquari che si esaurirà solamente nel tardo Ottocento. L’Eneide fu uno dei testi classici ad essere maggiormente studiato e tradotto; celebre resta, infatti, ancora oggi la volgarizzazione in endecasillabi sciolti di Annibal Caro. La fortuna del poema spiega come la tradizione virgiliana relativa alla morte di Anchise e alla sua sepoltura nei pressi di Drepano rispetto alle tradizioni tramandate da altri autori di lingua greca e latina abbia accolto ampi consensi, soprattutto fra gli eruditi di ambiente siciliano. Per quanto concerne il XVI secolo, il linguista Ambrogio Calepio, detto Calepino, nel suo Dictionarium latinum del 1502 (p. 42, s.v. Anchises), si limita semplicemente a riportare la notizia della morte di Anchise a Drepano, mentre Tommaso Fazello in De Rebus Siculis Decades Duae del 1558 si mostra più preciso, identificando la inlaetabilis ora virgiliana in cui Anchise avrebbe trovato sepoltura con Bonagia: «Ad radices Erycini montis...ora est Bonagia vulgo appellata. Haec est ora illa Aeneae illetabilis Anchisae genitoris interitu, cujus sepulchro et ludis funebribus fuit illustrata...» (op. cit., VIII, cap. 3). Nel corso del Seicento e del Settecento, più numerosi furono gli studiosi siciliani ad interessarsi della questione. Il trapanese Leonardo Orlandini in Trapani in una breve descrittione del 1603 cita il celebre passo virgiliano in cui si fa riferimento alle spoglie di Anchise conservate a Trapani: «Lo fa illustre insiememente con la Città la memoria che lor dona Vergilio nel terzo libro dell'Eneide, perché vi venne Enea, e per li giuochi funerali in honor del suo padre Anchise...Disse Enea mar non lieto per la morte di esso Anchise» (Op. cit., p. 16). Inoltre, lo storico fa coincidere la venuta di Enea a Drepano e la morte di Anchise con l’anno 2785 (op. cit., p. 26). Antonio Cordici riporta la versione virgiliana sulla morte di Anchise, affermando che «Era con Enea Anchise...il quale muorì in Sicilia. Benché Catone habbia detto, ch’egli pervenisse in Italia. Ma Virgilio fa ch’Enea celebri l’essequie del Padre in Sicilia sopra il tumolo d’Anchise da lui sepolto l’anno dinanti nel Monte Erice, nel primo suo arrivo, ch’ivi fece...» (op. cit., f. 82, c.31r). Lo storico ericino dopo aver commentato i passi virgiliani ne ipotizza l’ambientazione nella contrada di Bonagia (op. cit., f. 83, c.31v). Inoltre, cita il passo diodoreo in cui è riportato che Enea eresse un tempietto vicino al sepolcro del padre - presso il quale “vi lasciò un sacerdote, per mantenerci i fochi eterni” - e riporta l’iscrizione che Enea avrebbe fatto incidere sulla tomba del padre: Patri Deo indigeti qui numici Amnis unda temperat (f. 83, c.32r); in realtà, si tratta della celebre frase che i Latini posero sulla tomba di Enea. Infine, Cordici attribuisce l’iconografia presente in alcune “medaglie di Giano” rinvenute nei pressi del santuario ericino – recanti al rovescio «testa, e collo di serpe...che voglia libare la bocca del vaso» - alla leggenda narrata da Virgilio del serpente uscito dal sepolcro di Anchise in occasione del sacrificio di libagione offerto dal figlio (op. cit., f. 243, c. 121v).
Il dibattito relativo alla localizzazione del sepolcro di Anchise, lungi dal trovare una definitiva soluzione, continuò ad essere in auge fra Settecento e Ottocento, ricorrendo in alcune opere di carattere storico dedicate alla Sicilia antica. Francesco Ferrara ipotizza che lo scoglio degli Asinelli altro non fosse che lo scoglio di cui parlava Virgilio in occasione dei giochi navali. «Questo isolotto – asserisce Giuseppe Castronovo in Erice oggi Monte San Giuliano in Sicilia, memorie storiche del 1875 - detto anche Lesinello...si trova a maestro non lungi dal lido, ove sorge la torre di S. Giuliano, fra il porto di Trapani e la cala di Bonagia.». Lo storico riporta quanto detto da Fazello e da Carvini e riprende la tradizione virgiliana della morte di Anchise sulle spiagge ericine: «In queste spiagge perdea [Enea] il suo padre Anchise, in queste spiagge gli ergeva il tumulo, in queste spiagge l’onorava di giuochi funebri...» (op. cit., p. 11). Giuseppe Polizzi in Ricordi trapanesi del 1880 afferma che i giochi furono celebrati nel golfo di Bonagia; allo stesso modo Domenico Giannitrapani - in Il Monte Erice oggi San Giuliano, paesaggio storia e costumi del 1892 - sostiene che il luogo descritto nel V libro virgiliano, in cui si svolsero i ludi e in cui fu sepolto Anchise, fosse la contrada di Bonagia: “La descrizione che fece Virgilio di Bonagia somiglia tanto al vero, ed i giuochi narrati hanno tale analogia con quelli che tuttora vi sono in uso, da supporre che il gran poeta...visitasse quei luoghi e vi apprendesse la leggenda della morte e del seppellimento di Anchise” (op. cit., p. 10). L’autore cita anche l’isolotto degli Asinelli, meta della regata dei profughi troiani. La leggenda troverebbe riscontro, a detta dello studioso, in alcune monete di Segesta, recanti al rovescio la raffigurazione di Enea che regge il padre sulle spalle. Giannitrapani, infine, cita erroneamente la notizia riportata da Cordici (f. 73, c.73v) del rinvenimento in una caverna di Bonagia, ai tempi del re di Sicilia Ludovico d’Aragona, di uno scheletro gigante, asserendo che si credeva appartenesse ad Anchise. Gli studiosi contemporanei sono unanimi nel ritenere che Virgilio conoscesse i luoghi descritti nel III e nel V libro dell’Eneide; scrive Nicola Lamia in un articolo intitolato Una terra che il poeta conobbe, pubblicato sulla “Gazzetta di Mantova” (Anno 332, n. 34): «è legittimo ritenere che nel V libro dell’Eneide noi cerchiamo di identificare i luoghi di Drepano, di Erice e dei loro ameni dintorni...», in quanto le indicazioni topografiche e paesaggistiche trovano puntuale riscontro nella realtà. Si è concordi nel ritenere che la celebrazione dei giochi dovette avvenire sul litorale settentrionale trapanese, tra Pizzolungo e Bonagia, nei pressi del quale doveva trovarsi il sepolcro di Anchise. Nell’ultimo trentennio diverse ipotesi sono state formulate circa la localizzazione di quello che ai tempi di Virgilio era creduto il sepolcro del padre di Enea. Certamente il presunto sepolcro non doveva trovarsi all’interno delle mura di Drepano, né nei pressi del suo porto - come hanno affermato diversi studiosi - giacché, d’altra parte, nessuno si accorse inizialmente che le navi erano state incendiate dalle donne troiane. Meno accordo vi è fra gli studiosi circa la localizzazione puntuale di questo sepolcro: secondo alcuni sarebbe da ricercare nei pressi di Pizzolungo, motivo per il quale nel 1930 fu eretta una stele commemorativa in onore di Anchise. Altri studiosi, tra i quali lo stesso Lamia (Il luogo della tomba di Anchise nell’Eneide virgiliana: “Corriere Trapanese”, 36, Trapani 1947, pp. 3-6), sono dell’opinione che si debba indagare nella zona al di là di Pizzolungo, oltre lo sperone di Erice, nei pressi di Bonagia, località che possiederebbe i giusti requisiti geografici. L’autore fa notare, infatti, come lo scoglio degli Asinelli, nei pressi di Pizzolungo, altro non fosse che la meta che le navi in gara dovevano raggiungere per poi ritornare nel porto descritto da Virgilio, che Lamia ritiene essere quello di Bonagia e non quello di Drepano.
La scoperta del monumento indicato nell’Eneide come luogo di sepoltura di Anchise - verosimilmente un sepolcro, o un cenotafio, che ai tempi in cui Virgilio soggiornava in Sicilia si riteneva appartenere al principe troiano - cambierebbe decisamente il panorama dell’archeologia trapanese, conferendo, tra l’altro, attendibilità storica ai luoghi descritti nel poema e alla presenza di Virgilio sull’isola. Nello scorso secolo illustri personalità della cultura, locali e non, si sono interessate, a vario titolo, della questione, promuovendo iniziative tese a valorizzare i territori interessati dal racconto virgiliano. L’installazione della stele commemorativa sul litorale di Pizzolungo nell’ottobre del 1930 - durante la cui cerimonia erano presenti, tra gli altri, il latinista Francesco Vivona, la cui traduzione in endecasillabi sciolti dell’Eneide gli conferì prestigio internazionale, e il grecista Ettore Romagnoli - rappresenta solo il primo di questi momenti. Un importante passo in avanti si ebbe poi con le iniziative promosse dall’Associazione Nazionale “Ludi di Enea”, tra cui si ricorda l’organizzazione del “Convegno Nazionale nel Bimillenario della morte del Poeta” nel dicembre del 1981, in occasione del quale il prof. Renzo Vento formulò la proposta della creazione a Pizzolungo, in territorio ericino, del “Parco Virgiliano di Drepano”.
fonte: http://www.arkeomania.com